lunedì 1 novembre 2010

LA FESTA DI OGNISSANTI

LA FESTA E SAN PIETRO


La festa di Ognissanti, nota anche come Tutti i Santi, è una solennità che celebra insieme la gloria e l'onore di tutti i Santi.

Non che io sia particolarmente religioso ma preferisco ricordarla in questo modo.
E non come la notte di Halloween piuttosto lontana dalle nostre tradizioni.
Per l'occasione, quindi, ho pensato di preparare un post dedicato a questa festa.
Del resto a Roma sorge la Basilica di San Pietro in Vaticano dove, in corrispondenza dell' altare, nelle grotte vaticane, si trova la tomba di San Pietro.
Santo per eccellenza, Pietro, fu il primo apostolo come vuole il Primato di Pietro riconosciuto anche dalle Chiese ortodosse e gran parte di quelle riformate ma non dalla Chiesa protestante.
Ma fu anche primo Papa come la Chiesa cattolica vuole affermare con il Primato papale.

Detto ciò vorrei proporvi alcuni proverbi romaneschi.
Non lo farò semplicemente elencandoli.
Infatti tenterò di interpretarne lo spirito con il quale la saggezza popolare li ha fatti nascere e li ha tramandati sino ai nostri giorni.
L'ultima parte del post sarà, ovviamente, dedicata al Belli con tre sonetti.


PROVERBI E DETTI POPOLARI


Se è vero che:
«Nun se move foja che Dio nun voja»

ed è pure vero che:
«Si Dio nun vò, li santi nun ponno»

è sempre meglio seguire il detto:
«Ruzza co li fanti e llassa stà li santi».

E se anche al giorno d'oggi:
«Ognuno cià er santo suo che lo protegge»

sarebbe sempre meglio:
«Nun fà voti a santi e nun promette a sbirri».

E anche se c'è chi pensa che:
«Santi vecchi, santi scordati»

e che:
«Cristo è uno, li santi so' assai: biastima questi e lassa fà Lui»

bisogrerebbe ricordarsi sempre che: 
«Nun se po' entrà in paradiso pe dispetto de li santi !».



IL BELLI

Terzo, santificà le feste [Roma, 16 dicembre 1832]

La fede, decan Pavolo, oggiggiorno
dimolo puro ch’è aridotta a zzero;
e ttutto cuello che pprima era vero
mó sse stiracchia e nnun z’osserva un corno.
 

Pe ’n essempio, le feste ch’inventorno
li Papi antichi in tutto er monno intiero,
se rispetteno ppiú? Mmó er bianco è nnero,
mó er giorno è nnotte, e mmó la notte è ggiorno.
 

Disce la fede: «Cuanno viè la festa,
stenéteve dall’opere servile»:
lo vedi tu cche bbuggiarata è cquesta?
 

Ma dduncue sti futtuti monziggnori
perché la festa tiengheno antro stile,
e ffanno faticà li servitori?



Traduzioni:
Decan: decano, il più anziano de’ servitori di una casa.
Dimolo puro: diciamolo pure. 
Stiracchia: si adatta alle esigenze.
Stenéteve dall'opere servile: astenetevi dal lavoro.
Bbuggiarata: bugia, menzogna.


Beh...! Ho pensato di iniziare con il santificare le feste!!!




Li Santi grossi [10 gennaio 1832]
 

Quer zacconaccio indove ciariscoto
er giulio pe mmi’ soscero la festa,
nun za de santi che cce n’è una scesta
che pponno dà in ner culo a Ssanto Toto.
 

San Rocco è pprotettore de la pesta:
Sant’Emidio protegge er terramoto:
Santa Bbibbiana sta ssopra la testa:
Santa Luscia sull’occhi. Eppoi te noto 


pe la gola San Biascio, pe li denti
Sant’Appollonia, e Ssant’Andrea Vellino
pe cchi mmore, dio guardi, d’accidenti.
 

Pe li morti-de-fame San Carlino,
Sant’Anna pe le donne partorienti,
e ppe li maritati San Martino.


Traduzioni:
Zacconaccio: Confratello de’ Sacconi nella chiesa di S. Teodoro, chiamata volgarmente Santo Toto. 
Ciariscoto: Ci riscuoto.
Giulio: moneta pontificia che prese il posto del carlino e del valore di un terzo di quest' ultimo.
Nun za: Non sa.
San Carlino: un carlino è in Roma moneta da sette baiocchi e mezzo. 
San Martino: nel giorno di S. Martino dicesi per ischerzo farsi la processione de’ cornuti.



In questo sonetto l'elenco dei santi e gli abbinamenti sono piuttosto convincenti... anche l' ultimo... ? 




Li santi protettori [Roma, 13 febbraio 1833]
 

Oggnuno ar Monno ha cquarche ddivozzione:
tutti adoreno er zu’ Sant’avocato.
Li frati vonno bbene a Ssan Lupone,

e li preti a Ssan Dazzio e Ssan Donato.

Chi ddisce un paternostro ar bon Ladrone,
chi vvò Ssan Maggno e cchi Ssan Libberato,

e ’r Papa nostro che nun è ccojjone
tiè ppe ssé Ssan Filisce e Ffurtunato.


Li servitori pregheno San Giobbe,
le donne San Cornelio e Cciprïano,

e ttutti li paini San Giacobbe.

Er zanto de li guìtti è Ssan Bassano;
e oggni Re c’a sto Monno se conobbe
ricurze a Ssan Giuvan de Capestrano.


Traduzioni

Ssan Lupone: San Lupo e San Lupone. Vedi il Martirologio Romano.
Ssan Dazzio: 14 gennaio.
Ssan Donato: 17 febbraio.
Ssan Maggno: 5 novembre.
Ssan Libberato: 20 dicembre.
Ssan Filisce e Ffortunato: 26 febbraio.
San Cornelio e Ccipriano: 12 settembre.
Paini: Giovani alla moda.
San Giacobbe: 19 gennaio. 
Ricurze: Ricorse.
Ssan Giuvan de Capestrano: S. Giovanni da Capistrano al 23 ottobre.


In questo sonetto l'ironia del Belli è ancora più evidente
e questa volta è solo alle donne che regala un santo protettore particolare.

Per oggi è tutto e non perdete il prossimo post !

sabato 2 ottobre 2010

VILLA SCIARRA - La mappa e le foto

Nel post precedente abbiamo potuto conoscere la storia della villa e ciò che la caratterizza.
Oggi potremo vedere, grazie alle foto, i satiri e satirelli, le ninfe ed i putti e tutte le creature mitologiche che la popolano.
La fontana della tartaruga, la grande fontana dei satiri, quella dei putti e quella delle sfingi.
La composizione dei dodici mesi ed il gruppo di Pan e Siringa.
Ma potremo anche scorgere, tra le sculture, tutta la bellezza che le palme nane e le palme altissime delle canarie insieme con i pini ed i cipressi mediterranei possono generare per il solo fatto di coesistere in un ambiente raccolto ed armonioso.
Inoltre, per capire meglio dove sono state scattate, le foto saranno presentate con l' ausilio di google maps che vi permettarà di seguire un percorso lungo le stradine della Villa.
In fondo al post, comunque, troverete il link per accedere alla raccolta delle mie foto su Picasa Web Album dove troverete anche qualche foto in più.

LA MAPPA


Visualizza Villa Sciarra in una mappa di dimensioni maggiori

L' ALBUM DI PICASA
Villa Sciarra

martedì 7 settembre 2010

La Villa dei pavoni bianchi - Villa Sciarra

Oggi visiteremo una tra le più piccole e meno conosciute Ville di Roma. 
Ma anche tra le Ville più singolari e misteriose grazie alle sue fontane e gruppi scultorei di ispirazione mitologica.
In questa area, in età arcaica, si trovava il bosco sacro alla ninfa Furrina (poco conosciuta e documentata  protettrice delle acque). 
Più avanti, questa zona, fu parte degli horti di Cesare che si estendevano da Monteverde e Gianicolo fino al Tevere.
La Villa fu costruita nel XIV secolo ed attualmente si estende, alle pendici del Gianicolo, per 7,5 ettari delimitata dalle mura di Urbano VIII da via Calandrelli (al civico 23 si trova l'entrata principale delle cinque originarie) a via Dandolo.
Le vicende legate alla proprietà, nel tempo, sono piuttosto intricate.
Pertanto la storia cercherò di riassumerla come segue:
la Villa, appartenuta alla famiglia Mignanelli e poi Barberini, venne lasciata in eredità ai principi Sciarra di Carbognano (ramo della famiglia Barberini).
Quando Don Maffeo Sciarra cadde in rovina per investimenti sbagliati lo stesso lottizzò gran parte della Villa che venne così deturpata.
Nel 1902 venne acquistata dal diplomatico americano Wurts.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare per la Villa (ma anche pre tutti noi!)  fu una fortuna!.
Wurts, grazie alle ricchezze della moglie Henriette Tower, non solo la recuperò ma la rese anche lussuosa.
Valorizzandola ed arricchendola con piante rare e di pregio, con statue e fontane settecentesche provenienti da una distrutta e sconosciuta Villa del milanese.
Infatti due fontane portano lo stemma dei Visconti di Milano con il caratteristico Biscione.
Per tali manufatti fu utilizzata una pietra di un colore caldo, grigio/ocra, ma anche poco resistente e piuttosto friabile.
Infatti l'arenaria risulta, per le sue caratteristiche, di non facile restauro ed attualmente (ma ormai da troppo tempo)  alcune sculture e fontane versano in uno stato poco rassicurante non solo per la proria natura ma anche per la poca manutenzione.
Comunque, la famiglia Wurts vi si stabilì e vi fece impiantare un allevamento di pavoni tanto che all' epoca, la Villa, venne ribattezzata "la Villa dei pavoni bianchi".
Nel 1928, alla morte del marito, la Signora Wurts, donò la Villa allo Stato Italiano con un lascito di ben 50.000 dollari per la sua manutenzione.
Nel 1932 lo Stato Italiano la girò al Governatorato di Roma.
Attualmente la Villa è adibita a parco pubblico e purtoppo, da molti anni, non è oggetto di una degna manutenzione e cura. 
Infatti alcune parti non sono raggiungibili perchè transennate ormai da molto tempo e molte fontane e sculture necessitano di un appropriato restauro. 
Inoltre, come alcune mie foto testimoniano, si possono trovare spesso sui muri e altro graffiti spray e danni vari segno del passaggio di teppisti e fruitori incivili ma anche segno di uno scarso controllo e vigilanza.
Come si può notare, in parte dalle foto che ho potuto scattare, in una bellissima e tipica giornata di sole estivo romano, questa Villa non perde le sue caratteristiche.
Infatti con la sua vegetazione, le sue fontane, le sue statue, alcune nascoste ed altre in bella vista, la Villa risulta comunque affascinante e misteriosa...
Il prossimo appuntamento sarà dedicato ad un post fotografico con il quale vi porterò a conoscenza del luogo grazie alle immagini da me realizzate... NON MANCATELO!

martedì 3 agosto 2010

SCHERZI DA... BARBIERE !?


IL RACCONTO E IL MONUMENTO

Sulla facciata interna di Porta Pia, quindi se si viene da Via XX Settembre, si possono notare, tra le altre e molte cose, tre curiosi bassorilievi, due ai lati e uno in alto al centro.
Bisogna esaminarle con attenzione e si potrà notare che raffigurano una bacinella per barba e un pezzo di sapone con intorno un aciugamano con frangia agli estremi.
Gli arnesi di un barbiere... ? Che potranno mai voler significare... ?
La porta fu disegnata da Michelangelo nel 1561 e costruita nel 1564 su richiesta di Papa Pio IV (1499-1565) che nacque con il nome di Giovanni Angelo Medici. 
Appartenente, però, alla famiglia Medici di origine lombarda e quindi più medesta e non alla nobile casata fiorentina come forse si voleva far credere. 
E' da qui che nasce lo scherzo. 
Le raffigurazioni simboleggiano appunto le insegne del mestiere di un antenato, che se realmente esistito, mai avrebbe pensato che un proprio discendente un giorno sarebbe stato eletto Papa!


"Sopra la porta Pia, sur frontone in arto che sta dde faccia a la via Venti Settembre, si cce fate caso, c’è uno scherzo de pietra fatto dall’architetto che ha fabbricato quela porta. Siccome dice ch’er papa che l’ha fatta fa’ ne vieniva dé discendenza de la famija d’un barbiere, l’architetto pe ffallo sapé a tttutto er monno, cià fatto scurpì quella gran cunculina, co’ ddrento in mezzo un ppezzo de sapone e ‘ntorno a la cunculina er si sciuttamano co la su’ bbrava frangia de qua e dde llà. Scherzo che dar medemo architetto è stato messo puro de qua e dde llà de la porta medema."

lunedì 26 luglio 2010

ORO, ORO, ORO

IL RACCONTO E IL LUOGO

Oggi, visti i tempi di crisi, visiteremo un luogo che, se saremo bravi, ci permetterà, secondo la leggenda, di fabbricare l'oro. Dovremo però essere in grado di decifrare le misteriose iscrizioni e simboli presenti su una porta. La porta, chiamata Porta Magica o Porta Alchemica si trova sull'ultimo frammento rimasto del muro di cinta della villa del Marchese Massimiliano Palombara (1614-1680) che si trovava nelle vicinanze di Piazza Vittorio Emanuele II fino alla metà del 1800 quando fu demolita. La porta è stata poi spostata all'interno del parco della piazza. La leggenda vuole che il Marchese, appartenente ad un ordine esoterico, fece affidamento, finanziandone gli studi, a Giuseppe Borri (1627-1695) giovane medico ed alchimista milanese per ottenere la pietra filosofale che gli avrebbe permesso di trasformare i metalli vili in oro. Purtoppo fu tutto inutile. Al marchese rimase solo il manoscritto con le formule, lasciate dal giovane, che scomparve improvvisamente ed in modo misterioso. Il marchese, tentò invano di decifrare le formule e dopo innumerevoli tentativi, sperò che, incidendole sulle porte del muro di cinta della sua tenuta, qualche passante potesse trovare la soluzione.



DUE SONETTI

Di seguito troverete due sonetti di G. G. Belli (1791-1863). Il primo un indovinarello mi è tornato alla mente forse più spontaneamente. Forse perchè un pò più volgare/popolano e quindi schietto, diretto e senza... peli sulla lingua!. L'altro li miracoli de li quadrini in un secondo momento, pensando che il Marchese, come moltissimi altri in quell'epoca, prima e pure oggi, pensasse che la pecunia potesse risolvere qualsiasi problema. E pur essendo agiato ne ricercava ancora.

UN INDOVINARELLO [Terni, 8 novembre 1832]

Sori dottori, chi ssa dimme prima
Come se chiama chi governa er monno?
Quello che manna tanta gente in cima,
quello che manna tanta gente in fonno?

Er Papa? er Re? De cazzi, io ve risponno:
Sete cojoni, e ve lo dico in rima.
Er pelo e er priffe è quer che più se stima
Pe quanto è largo e longo er mappamonno.

Er priffe e er pelo sò du cose uguale,
Der pelo e 'r priffe sò ttutti l' inchini,
P' er priffe e 'r pelo se fa er bene e 'r male.

E una cosa dell' antra è ttanta amica
Quanto la fica tira li cudrini,
E li qudrini tireno la fica.

LI MIRACOLI DE LI QUADRINI [11 marzo 1834]

Chi ha cquadrini è una scima de dottore,
Senza manco sapé sscrive né llègge:
Pò sparà indove vò rròtti e scorregge,
E ggnisuno da lui sente er rimore.

Pò avé in culo li ggiudisci, la lègge,
L'occhio der monno, la vertù, e l'onore:
Pò ffà mmagaraddio, lo sgrassatore,
E 'r Governo sta zzitto e lo protegge.

Pò ingravidà oggni donna a la sicura,
Perché er Papa a l'udienza der giardino
Je bbenedisce poi panza e ccratura.

Nun c'è ssoverchiaria, nun c'è rripicco,
Che nun passa coll'arma der zecchino.
Viva la faccia de quann' uno è rricco!

TRADUCIAMO ?

Mi perdonerete ma la musicalità dei versi del Belli (e del dialetto romanesco) mi portano ad introdurre il terzo punto del mio post introducendolo con una quartina da me (indegnamente e scherzosamente) composta:

Mo', apparte l'indovinarello
che pò irità forze quarcuno?,
penzavo de' parlà in der più bello:
che li quadrini fa felici tutti e mai nisuno.

Come si dice... Pecunia non olet !

Quindi... a parte il primo sonetto, un indovinarello, mi soffermerei sul secondo li miracoli de li quadrini, forse perchè più attinente all'argomento della Porta Alchemica (ed ai giorni nostri... ?).

Le quartine:

Chi ha il denaro può essere creduto dottore,
anche se non sà scrivere ne leggere:
può far esplodere dove vuole rutti e scorreggie,
e comunque nessuno ne sentirà gli effetti.

Può avere in favore i giudici, la legge,
tutto il mondo, la virtù, e l'onore:
può anche maggradaddio lo sgrassatore
ed i potenti comunque accettano.

Le terzine:

Può rendere incinta ogni donna senza remore
poichè il Papa, con la Sua benedizione ne accetta la venuta (cumunque sia).

Non esiste prepotenza e ripicca
che non sia possibile con il denaro
beato chi è ricco!

Bè... per oggi è tutto... e al prossimo post!

Autori delle foto (fonte wikipedia):
1. Lalupa
2. Sailko